Blasonario Giustinopolitano
Giuseppe Vatova, nelle digressioni della sua operetta storica “La
colonna di Santa Giustina”, edita da Priora nel 1887, ha descritto
un libricino, di proprietà della famiglia Kersevanny, recante il
titolo di “Arme / overo Insegne / delle / Famiglie nobili /
dell’illustriss. / Città / di Giustinopo / li” cavate dal
Sindacato e dalla Vice-Dominaria e contenente 136 stemmi disegnati
a penna a due a due per pagina, con indicazione convenzionale dei
colori.
Questo libricino, formato 40 carte di millimetri 202 per
millimetri 130 molto mal ridotte, è andato perduto, ma,
fortunatamente, esiste una copia fatta fare, nella seconda metà
del secolo scorso, dal marchese Anteo Gravisi, cultore di studi di
storia patria e delle memorie di famiglia. Altra copia è stata
fatta da F. Percolt, venuta in possesso del prof. Stefano de
Petris, che la donò al Municipio.
Tale copia costituisce la base di questo blasonario con l’aggiunta
di altri stemmi descritti da Nicolò Manzuoli, da Prospero Petronio
(che accenna, senza altra specificazione, si Contestabile, Castri,
Facina, Lugo, Mezabarba, Del Monte) da Andrea Benedetti
(“Contributi al blasonario giuliano” apparsi tra il 1934 e il 1943
nella “Rivista del Collegio Araldico”), da Antonio Alisi
(blasonario manoscritto conservato nella Civica Biblioteca di
Capodistria).
Le notizie relative alle famiglie blasonate, riportate in chiusa,
sono tratte da “Il patriziato di Capodistria” di Gregorio Totto,
pubblicato negli “Atti e Memorie della Società Istriana di
Archeologia e Storia Patria” del 1937.
Fondamenti storici e giuridici del
patriziato capodistriano
Già nell’anno 977 si trovano i cittadini divisi nelle due classi
dei majores e dei minores o mediocres.
Dalla prima classe ha origine il corpo nobiliare, in cui il primo
nucleo è la curia vassallorum del 1060.
Dispensatori di titoli sono il conte di Gorizia e il patriarca di
Aquileia, che riconoscono formalmente il corpo nobiliare, ben
presto costituitosi in casta chiusa. L’ammissione al Maggior
Consiglio è possibile soltanto previo conseguimento di voto
favorevole da parte di due terzi almeno dei suoi componenti, salvo
singole eccezioni per lo più controverse tali da richiedere
l’intervento del potere centrale di Venezia.
Il titolo di nobile e patrizio di Capodistria è provato
dall’appartenenza al Maggior Consiglio ed è considerato dalla
Repubblica Veneta titolo di vera nobiltà, chiamata a partecipare
alla sovranità con l’aggregazione al veneto patriziato (1749). È
prova per l’ammissione al Reggimento di Corazze, al grado di
sopracomito e al comando di milizia territoriale. È anche prova
sufficiente per l’ammissione all’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro
di Casa Savoia.
Con decreto 9 agosto 1804 dell’i.r. Tribunale supremo di Giustizia
in Vienna, il titolo di nobile e patrizio di Capodistria è
ritenuto titolo di vera nobiltà ereditaria equiparata a quella del
Sacro Romano Impero e titolo sufficiente alla ammissione nel
Sovrano Ordine Militare di Malta. Delle 62 famiglie istriane cui è
stato concesso il riconoscimento tra gli anni 1816 e 1834, 28 sono
di Capodistria.
I patrizi, che lo hanno desiderato, sono entrati nell’elenco
ufficiale della nobiltà italiana, abolito nel 1945.
Vedi pagine 21-23 ne “I Nobili di Capodistria e dell’Istria”
(1888) di Gedeone Pusterla.