ARALDICA DELL’ANTICA CITTA’ VENETA DI CAPODISTRIA

 

 

L’antica città istriana di Egida Capris Giustinopoli Capodistria è entrata nell’orbita della Repubblica Veneta nel 1200 suggellando rapporti sempre più stretti che avevano avuto inizio verso la fine del primo Millennio.

Rapporti con la Serenissima metropoli lagunare dapprima non troppo pacifici finché Capodistria, abdicato ad insostenibili piani di prevalenza politica in Istria, è divenuta parte integrante e fedele dello stato veneto che l’ha elevata a sede governativa provinciale con struttura, sia pure periferica, che ha rispecchiato il modello veneziano come sede primaria di un capitano e podestà di rango senatorio.

Anche Capodistria ha avuto quindi un suo Maggior Consiglio formato da membri designati a ricoprire tutte le cariche della civica amministrazione e di alcune amministrazioni esterne.

Nel 1770 sono state censite 1061 famiglie, 171 delle quali formanti la “comunità”, cioè la società civica di rilievo, e 890 di bassa condizione, senza posizioni intermedie.

La “comunità” ha vantato famiglie variamente titolate per meriti acquisiti al servizio per lo più di Venezia, ma anche dall’esterno quali il titolo di “conte del Sacro Romano Impero” (Scampicchio). Il titolo di conte, portato da dieci famiglie (Borisi, Bruti, Carli, Fini, Grisoni, Sabini, Tacco, Tarsia, Verzi), non aveva avuto inizialmente corso in Venezia ma successivamente è stato parificato, come gli altri titoli, ad indice di vero patriziato trasmissibile, riconosciuto anche da Vienna. Aggiungansi i marchesi Gravisi divisi in tre rami (Barbabianca, Tiepolo, Butorai). Al tempo dell’impero austriaco, tra il 1816 e il 1834, si è contato più di un riconoscimento imperiale di famiglia o individuale e sotto il Regno d’Italia è stato pienamente accessibile l’ingresso nell’Elenco Ufficiale della Nobiltà con una Consulta Araldica dipendente dal Ministero degli Interni.

Lo stemma de Manzini come compare, per decreto governativo del 1939 nell’Elenco Ufficiale della Nobilità italiana

 

La figurazione araldica capodistriana, numericamente cospicua rispetto a quanto può attendersi per una città così piccola, si è attenuta alle regole generali e si mantiene in limiti per lo più di semplicità con esibizione della figurazione del solo scudo con cartiglio. Non sono poche anche le pietre scolpite riguardanti per lo più Leoni Marciani e stemmi dei governanti veneziani accompagnati, ma non sempre, dagli stemmi dei dedicanti. cittadini (Civico Museo di Storia e d’Arte, facciate del Palazzo Pretorio e del Fontego, Fontana da Ponte e Porta della Muda). Non mancano allora figurazioni complete con lambrechini (fogliame), elmo o berretto, corone e cimieri. Una panoramica araldica che nel complesso trova pochi riscontri contando centinaia di esemplari, tali da attirare l’attenzione.

Non sono mancati gli attenti cultori in materia quali il secentesco nobiluomo Giulio Cesare de Beatiano, l’ignoto autore di un vecchio albo raccolto da un marchese Gravisi Barbabianca in cattivissimo stato tanto da farlo ridisegnare in copia, e in tempi moderni il conte Gregorio de Totto nonché un miniatore veramente buono quale è stato Giuseppe Borisi.

 

Nota

Chi desidera approfondire l’argomento può richiedere alla Fameia Capodistriana, editrice, presso l’Unione degli Istriani, Via Silvio Pellico 11, Trieste, copia dei volumi:

Aldo Cherini e Paolo Grio – “Le famiglie di Capodistria – Notizie storiche ed araldiche”, 1998, pag. 247

Aldo Cherini e Paolo Grio – “Bassorilievi araldici ed epigrafici di Capodistria dalle origini al 1945”, 2001, pag. 195

 

 

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