La marina, ossia quel complesso interagente di attività
legate al mare con sedi e presenze d’ordine vario mercantile, militare,
societario o individuale, statale o privato, con il sostegno di grandi e piccoli
cantieri, di porti, di magazzini, di allacciamenti ferroviari, di numerose
attività collaterali interdipendenti o comunque interessate, viene a collocarsi
alla base di quella che è divenuta la nazione Italia qual è oggi per nascita,
sviluppo, credibilità e affermazione.
Lungi da costituire un obbligo geografico la marina
rappresenta, cioè, una dei fattori fondamentali anche se non avvertiti o poco
conosciuti dai cittadini comuni di una realtà operativa senza la quale sarebbe
stato per la nazione molto difficile raggiungere il livello di libera civiltà
che può vantare, presente in tutti i momenti di crisi che hanno investito nel
passato e nel presente la storia nazionale.
Il tema è talmente vasto da non prestarsi ad una trattazione
esauriente che non sarebbe possibile in una sede come questa, ma tuttavia non è
argomento trascurabile, per cui seguiremo la via di una concettualità
riguardante il solo settore della marina mercantile sotto forma di disegni di
navi ricavati da illustrazioni e documentazioni fotografiche. Un semplice
excursus visivo, limitato alle attività maggiori o maggiormente significative e
diviso idealmente nelle parti che seguono.
- Gli
inizi (1818 – 1860). È l’epoca in cui si afferma la propulsione meccanica
a vapore con le navi che mettono le ruote senza abbandonare l’attrezzatura
velica per misura di sicurezza. Si aprono i primi collegamenti regolari
tra Trieste e Venezia, Napoli e Marsilia, e sulle acque interne (fiume Po
e grandi laghi lombardi). Alzano la bandiera d’armamento uomini quali il
genovese Raffaele Rubattino e il palermitano Vincenzo Florio, nasce a
Trieste il Loyd Austriaco e a Genova la Compagnia
Transatlantica. Il cantiere Orlando di Livorno vara il
primo piroscafo in ferro del Mediterraneo, nasce in Liguria la grande
impresa di Giovanni Ansaldo (1853) destinata a divenire con i Bombrino e i
Perrone un colosso operante su quasi tutte le nuove basi.
- 1861
– 1900. Sale al picco la bandiera tricolore italiana. Si aprono le rotte
oltre Gibilterra e Suez, entrano in attività nuovi armatori, la Compagnia delle Due
Sicilie di Napoli, la
Navigazione Puglia di Bari, la Peirano, la Raggio, la Lavarello, l’Italo
Platense di Antonio Oneto, la
Cerruti, la Navigazione a Vapore “La Veloce”, la Trinacria e la Siculo-Americana
di Palermo. Non sono le sole. Le società Rubattino e Florio si fondono e
nasce la Navigazione
Generale Italiana.
Un’attività promettente che attira l’agguerrita concorrenza di compagnie
estere che fanno scalo negli stessi porti italiani con le quali bisogna
fare i conti, attività che non riguarda soltanto il trasporto di
passeggeri ma anche il carico di merci, ed ecco La Creola, ovvero il
servizio riunito e coordinato di tre società armatrici di Genova, Napoli e
Messina tra cui la Navigazione
Generale Italiana.
- 1900
– 1918. Prevalgono agli inizi le navi a vela ma a cavallo del nuovo secolo
si ha il sorpasso contandosi 142 piroscafi mentre i velieri scendono a 42
unità. Non mancano le prime affermazioni. Determinante il fenomeno
migratorio con crescente massa di emigranti che affollano gli spazi dei
piroscafi ad essi riservati o allestiti per l’intero loro trasporto in
condizioni di grande disagio con pagine assai dolorose tanto da rendere
necessaria la costituzione di un Commissariato Generale governativo per
l’emigrazione. Si sviluppano nel contempo le linee transatlantiche di alta
velocità e di gran lusso in una gara di bandiere che fanno del Nastro
Azzurro (Europa – Nord America) un ambito emblema e scendono in mare i
colossi della navigazione di bandiera inglese, germanica e francese. Una
nuova società di rilievo è il Lloyd Italiano fondato a Genova nel 1904
seguito nel 1906, a
Torino, dal Lloyd Sabaudo. Il primo impiego consistente della marina
mercantile si presenta nella guerra italo-turca del 1911 – 12 che richiede
per il corpo di spedizione in Libia l’impiego in regime di requisizione di
161 piroscafi.
Ma arriva il 1914 che innesca il conflitto detto “la grande guerra” che
viene ad incidere profondamente anche nelle attività marinare con
conseguenti mutamenti macroscopici in tutto il settore di mare e di terra.
Vengono militarizzati 400 piroscafi maggiori e 180 unità minori. L’Ansaldo
si impegna con 40 centri di produzione fondamentale. La guerra condotta
dall’avversario per mezzo dei sottomarini provoca gravi perdite anche alla
bandiera italiana con l’affondamento di 10 piroscafi transatlantici, 16
mediterranei, 46 piroscafi misti, 143 da carico, costituenti quasi la metà
della flotta nazionale, col risarcimento però, a guerra finita, di quasi
tutte le navi già battenti bandiera del cessato impero austro-ungarico.
Entra sotto la bandiera italiana la Venezia Giulia
con il sostanzioso apporto di una marineria di alto livello (il Lloyd non
più Austriaco, i Cosulich, lo STT Stabilimento Tecnico Triestino (con i
cantieri San Marco e San Rocco), l’Arsenale Triestino, il grande Cantiere
Navale Triestino di Monfalcone).
- 1918
– 1945. È l’epoca della grande rinascita in tutti i settori concomitanti,
navi, cantieri, industrie meccaniche e siderurgiche, fonti energetiche,
strumentazioni e forniture varie, istituti finanziari, compagnie di
armamento in un assetto organizzativo centralizzato. Nasce l’IRI -
Istituto per la Ricostruzione Industriale, nasce il
raggruppamento dei CRDA Cantieri Riuniti dell’Adriatico, si dividono le società di armamento
secondo gruppi operativi che sono la S.N. Italia
Flotte riunite (Italia, Cosulich, Lloyd Sabaudo, Navigazione Generale
Italiana, C.I.T.R.A.), la
S.N. Lloyd Triestino (con la Marittima Italiana
e la SITMAR),
la S.N. Adriatica
(con la Navigazione
San Marco, la
Puglia di Bari, la Adria di Fiume, la SAIM, la Zaratina), la S.N. Tirrenia.
Un complesso di navi di linea che nel 1936 passano sotto il controllo
della FINMARE che cura le linee dette di PIN (preminente interesse
nazionale) con unità di alto prestigio quali i transatlanici “Giulio
Cesare” e “Duilio”
che hanno aperto per primi la nuova era, i supertransatlantici “Rex” (detentore
del Nastro Azzurro) e “Conte
di Savoia”, i tre transatlantici “Conti” (“Conte
Rosso”, “Verde” e “Biancamano”),
la splendida “Victoria”, i grandi “Roma”e “Augustus”
nonché la “Saturnia”
che con la gemella “Vulcania” ha aperto la serie delle grandi navi munite
di motore a combustione interna reso affidabile. La flotta da carico secco
e delle petroliere continua per la maggior parte ad operare liberamente,
come la NLT
Navigazione Libera Triestina, la Tripcovich, la Navigazione Generale
Girolimich, la
Martinolich, la Messina, la Lauro, la flotta delle petroliere di grande
tonnellaggio fattasi consistente con l’A.G.I.P.. Particolare rilievo
riveste anche in fatto di impiego navale la campagna militare d’Etiopia
quando vengono inviati in Africa Orientale 595.000 uomini, oltre 16.000
veicoli e 1.241.000 tonnellate di materiali, per cui in rinforzo al parco
navale nazionale lo stato deve acquistare all’estero 10 navi di seconda
mano (le cosiddette “Regioni” per i nomi assegnati). Si trasportano in
Libia 20.000 coloni e rispettive famiglie con quanto occorre per farsi una
nuova vita. Si rafforzano tutti i settori dei trasporti di carico e di
attività specifiche quali i mezzi di rimorchio portuale, costiero e
d’altura, la pesca d’alto mare, le unità di salvataggio e ricupero (grande
notorietà acquista, a suo tempo, l’impresa dell’“Artiglio”
che ricupera da un alto fondale l’oro perduto nell’affondamento del
trasporto “Egypt”), i trasporti in frigorifero dei generi alimentari, la
nascita della RAMB di monopolio statale, i grandi traghetti delle Ferrovie
dello Stato operanti nello stretto di Messina.
- 1940
-1945. Ma arriva la seconda guerra mondiale con le sue immani distruzioni.
La marina mercantile è chiamata a rivestire una parte di fondamentale
importanza a fianco della marina militare in un Mediterraneo divenuto
campo di lotta senza quartiere. E ciò a tutti i costi, senza alcun
risparmio tanto da uscirne falcidiata e meritare il conferimento alla sua
bandiera della medaglia d’oro al valore militare. Ma, bisogna dirlo a
chiare lettere, assicurando malgrado tutto, fino all’esaurimento, i
collegamenti marittimi propri e impedendo quasi completamente quelli
dell’avversario costringendolo a fare il giro dell’Africa insidiato a sua
volta dai sommergibili. Fatto si è che vengono effettuati 4500 convogli
(una media di 4 al giorno) con il trasporto di 1.200.000 uomini e
4.500.000 tonnellate di materiali subendo perdite del 7%-9% in uomini e
del 14% - 29% nei materiali con un
massimo del 29% nei carburanti particolarmente presi di mira. La marina
mercantile concorre ai servizi di prima linea con 1.700 navi maggiori e
minori con 25.000 uomini d’equipaggio che conta 7164 caduti. Nè mancano i
violatori di blocco in un’attività oceanica che non può essere che
avventurata. Un’organizzazione molto impegnativa disciplinata dal
Co.Ge.Na., Comitato interministeriale per la Gestione delle Navi,
che rimane attivo anche nel dopoguerra per le impellenti necessità del
momento. Da ricordare il benemerito servizio delle 10 navi ospedale, navi
di linea sottoposte ad impegnativi lavori di adattamento, che accolgono
281.260 feriti e malati in 467 missioni di trasporto e 156 di soccorso in
mare aperto. Un’operazione quasi del tutto sconosciuta riguarda il salvataggio
e rientro in patria degli italiani dell’Africa Orientale, quasi 28.000 tra
donne, bambini e uomini con l’impiego di 4 transatlantici e 2 petroliere
sotto l’egida del Comitato Internazionale della Croce Rossa, effettuato
tra il 1942 e il 1943 con circumnavigazioni dell’Africa. Va ricordato
anche lo scambio di prigionieri grandi invalidi italiani, inglesi e
tedeschi avvenuto davanti a Smirne, in Turchia. Non va sottaciuto infine
il nome di una unità, il “Toscana”, un vecchio piroscafo del gruppo “Regioni”
acquistato al tempo della campagna d’Etiopia, che ha imbarcato 46.460
feriti, malati, profughi, esuli (Pola 1947) ed emigranti per l’Australia
in una continua attività in guerra e poi nei seguenti anni di scarsa pace
con un totale di 54 missioni e viaggi fino al suo disarmo seguito dalla
demolizione.
- 1945
– 1975 Cessata la guerra guerreggiata, la ricostruzione è impresa immane a
cominciare dalla marina mercantile quale fattore per molte ragioni
determinante e indispensabile.
Bisogna pensare ai porti e ai cantieri distrutti in molta parte dai
bombardamenti a tappeto e gravemente carenti di tutto quanto occorre. Ma
la gente non si perde d’animo. Si ricuperano e si ripristinano non poche
delle navi affondate nei bacini portuali e sotto costa, si acquistano in
America navi del tipo Liberty. Si costruisce e si vara la prima serie di
motonavi miste della classe detta “Navigatori” dai loro nomi, e si arriva
presto nel 1951 alle realizzazioni di successo, alle grandi navi di linea
“Cesare” e “Augustus”,
“Leonardo da Vinci” e “Cristoforo Colombo”, “Andrea
Doria”, alla serie triestina per l’Australia e per i mari caldi per
arrivare nel 1963 alla “Galilei” e alla “Marconi” e infine alla “Raffaello”
e alla “Michelangelo”, realizzazioni che vantano nelle sistemazioni e
negli arredamenti interni l’opera di insigni artisti di un “made in Italy”
che fanno testo. Ma è il canto del cigno perché i tempi cambiano
rapidamente con l’inesorabile avanzare di nuovi modi di intendere e di
operare che, con l’imporsi di tecnologie d’avanguardia che influenzano
anche il vivere quotidiano della gente, con le comunicazioni divenute
celeri anche per via di terra e sopra tutto per il dominio conquistato
dalle linee di navigazione aerea. La nave di linea deve ritirarsi e con il
1975 la FINMARE
passa le linee PIN al disarmo. Resta il ricordo di oltre 200 navi, quante
ne ha gestito nei lunghi anni di attività non sempre pacifica.
Ciò non significa che sul mare l’attività sia cessata. L’armamento si
adegua ai cambiamenti e così anche i cantieri. Nel 1967 nasce
l’ITALCANTIERI, frutto di una riorganizzazione radicale intesa a
rispondere all’insorta crisi mondiale del petrolio greggio, che impone
nuove strategie nei trasporti marittimi con l’impiego tra l’altro di
petroliere gigantesche (250.000 e più tonnellate di stazza lorda), da
costruire in bacino. È il momento delle navi tecnologicamente avanzate che
rivoluzionano anche l’organizzazione dei porti, prendono piede la
prefabbricazione, l’automazione, il trasporto di merci in containers che
consentono al vettore marittimo minime permanenze nei porti toccati, il
trasporto dei gas liquefatti, entrano in servizio le navi “multipurpose”
con versatilità d’impiego, si diffonde l’impiego dei traghetti con
crescente capacità di trasporto di autotreni e di automobili con unità
caratterizzate dai grandi portelloni poppieri che consentono l’entrata e
l’uscita degli automezzi. Il 1983 segna l’anno di nascita dei FINCANTIERI
– Cantieri Navali Italiani, con comparto navigazione mercantile, comparto
motoristico, comparto o divisione militare, frutto di una fusione di 8
società di Genova, Trieste, Livorno e Venezia.
Si incontrano in mare le navi della Flotta Lauro, della Costa e della
Grimaldi, della Sicula Oceanica, della SITMAR, della Villain & Fassio
Compagnia Internazionale Genova, della D’Amico, della Cameli, della
SORIMA, dell’Italsider, della Carbosider, della Sicilnaviglio ed altre
ancora oltre che della S.N. Italia e del Loyd Triestino passate quasi
completamente al trasporto di merci di massa e containers. Unità per lo
più di grande capacità con sedi armatoriali tradizionali a Genova e
Trieste ma anche a Palermo, Napoli, Roma.
Fenomeno emergente è rappresentato dalla comparsa e dall’affermarsi delle
grandissime, lussuosissime e impressionanti navi da crociera battenti per
lo più bandiere ombra con caratteristiche architettoniche del tutto nuove,
inusitate, ma di impiego limitato a determinate zone climatiche, tuttavia fonte ambita
di molto lavoro cantieristico, del quale Monfalcone ha acquistato la
posizione preminente nella graduatoria internazionale, dopo aver messo in
mare il batiscafo “Trieste”, dello svizzero Piccard, che tocca per primo
il punto più profondo del Mediterraneo (1953 -3.700 m.) e
successivamente il più profondo di tutti mari nella fossa delle Marianne
(1958 -11.521 m.),
nonché la piattaforma “Micoperi 9000”, il manufatto marino più grande mai
costruito a livello mondiale (1987).
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Fonti
Pubblicazioni del Lloyd Triestino e dell’Ansaldo, Ufficio
Storico della Marina Militare, biblioteca e archivio dell’Associazione Marinara
“Aldebaran”
Hanno scritto in diversi volumi e riviste : Astori Bruno,
Babudieri Fulvio, Cherini Aldo, Fabietti Ettore, Favetta Bianca Maria, Gellner
Ernesto, Gerolami Giovanni, degli Ivanissevich Sergio, Gropallo Tomaso,
Spazzapan Giorgio, Stefani Giuseppe, Valenti Paolo