L'elica navale - di Aldo Cherini

eliche del 'Conte di Savoia'
Trieste 1932, Cantiere San Marco; due delle eliche del transatlantico "Conte di Savoia"


Non è da credere che l’elica, risolvendo il problema della propulsione navale, sia un’invenzione d’epoca più recente rispetto a quanto avvenuto per molti altri congegni riguardanti l’evoluzione delle attività nautiche.vite d'Archimede
Si è cominciato molto prima di quanto è lecito supporre in un iter che è lunghissimo con un’infinità di idee e di ricerche , di tentativi operativi abortiti o impraticabili. Tanto appare in uno studio pubblicato nel 1936 dalla Società Adriatica di Scienze Naturali di Trieste a firma dell’ing. Mario Tedeschi il quale cita nomi e casi che possono contarsi a centinaia per restringersi via via fino alle realizzazioni che hanno fatto testo arrivando a tempi a noi vicini che hanno aperto a loro volta ulteriori orizzonti orientativi e impieghi operativi.
Di un’invenzione dell’elica non si può parlare per il semplice fatto che entra in gioco anche l’intuizione, l’idea, ma occorre che l’idea sia realizzabile e rispondente a criteri ben determinati non escluso il fattore economico.
Se proprio si vuole un’indicazione primigenia, ma solo in sede speculativa, bisogna fare il nome di Archimede (287 – 212 a.C) e citare la sua “vite” per fare poi un bel balzo nel 1400 arrivando a Leonardo da Vinci.
È un susseguirsi di numerosi ricercatori e inventori che seguono inizialmente le vie più praticabili della ruota a pale, non escluso l’ intuito anche del getto o spinta d’acqua.

Gli studi si fanno più frequenti dopo il 1600, l’ing. Tedeschi cita Denis Papin che nel 1707 sperimenta positivamente un battello sul fiume Fulda che però viene distrutto dai battellieri locali che temono di perdere il lavoro a causa di quella macchina.
La macchina a vapore vale come fonte di potenza e non può considerarsi disgiunta dalla ruota o dall’elica. Non mancano gli esperimenti perfino con l’impiego della forza animale (buoi o cavalli imbarcati) che però danno prestazioni troppo limitate. È significativo perciò l’interesse verso la macchina  che impegna la maggioranza dei ricercatori.
Lyttleton 1794 Sauvage 1832 tipo francese, 1943
Lyttleton, 1794 Sauvage, 1832 tipo francese, 1843

Per quanto riguarda la vite di Archimede non è che sia stata abbandonata perché impraticabile. sistema francese, 1943Anzi il contrario. Merita una interessante citazione quanto ha fatto l’americano David Bushnell al tempo della guerra di indipendenza dall’Inghilterra. Spigliato di fantasia, costruisce un natante semovente e operante a fior d’acqua, l’ “American Turtle”, che nella notte del 6 settembre 1776 viene rimorchiato da due canotti fino a Plateau Island a tre miglia del porto di Nuova York lasciandolo trasportare dalla corrente di marea a ridosso della fregata “Eagle”, nave di bandiera di Lord Howe ferma all’ancora. Sennonché la corrente porta oltre il singolare subacqueo ed egli deve retrocedere manovrando a mano una vita d’Archimede. Riesce a portarsi a contatto della carena della “Eagle” per fissarvi un bauletto di esplosivo con una semplice modalità che non riesce per cui, ad un certo momento, deve rinunciare e tornarsene alla base. Un’impresa comunque significativa che può essere considerata come il primo esempio storico di azione bellica eseguita in mare da un mezzo insidioso.
Un altro americano, Robert Fulton 1785 – 1815), costruisce un vero e proprio sottomarino munito d’elica che sperimenta nel 1801 nel fiume Senna, in Francia, richiamando l’interesse di Napoleone, che però non prende in considerazione l’offerta perchè non può rendersi conto delle sue implicazioni troppo in anticipo sui tempi. È la macchina a vapore che intanto progredisce richiamando attenzioni da più parti, macchina che può servire non solo in mare ma anche a terra.  Fulton incontra nuovamente Napoleone e riesce a farsi ascoltare tanto che l’imperatore passa ad una commissione l’incarico di valutare quanto si poteva ricavare ma questa commissione non si rende conto di che trattasi e si esprime in termini sfavorevoli. Fulton se ne torna in America portandosi dietro una macchina a vapore nuova costruita in Inghilterra, che viene installata a bordo di un piroscafo a ruote, il “Claremont”, col quale ha inizio nel 1807 la prima linea di navigazione costiera con base a Nuova York . Elica di Shorter
Aumentano le richieste di patenti e di brevetti per invenzioni e sistemazioni spesso non verificate o poco pratiche o addirittura cervellotiche. Edward Shorter pone l’elica (a due pale oblique) in cima ad un lungo albero che esce dalla poppa del natante con all’estremità un galleggiante che tiene l’elica sotto il pelo dell’acqua, con due corde con le quali è possibile portare l’albero a destra o a sinistra per mutare rotta senza bisogno del timone.
Segue John Millington (1816) con un congegno simile, senza modifiche sostanziali. Idea involuta in una realizzazione quale poteva essere ai loro tempi ma non indegna che porterà, se si può dire, ai motori fuoribordo dei motoscafi e infine a quegli straordinari impianti adottati dalle grandi navi da crociera che escono attualmente dal bacino di costruzione della Fincantieri di Venezia (decennio 2000).

Spirale di Smith Sauvage elica Ericsson
Spirale di Smith Sauvage, 1832 Elica Ericsson

La propulsione a ruote non veniva abbandonata ma è l’elica che si presta a non poche applicazioni quali compaiono nelle richieste di brevetto della prima metà del 1800, con più di 80 concessioni. Si arrivava finalmente a Giuseppe Ressel, Francis Pettit Smith, Pierre Louis Fredéric Sauvage, John Ericsson. A sciogliere ogni dubbio veniva eseguita nel 1845 una prova pratica tra due piroscafi contrapposti e uniti da catene , il “Rattler” e l’”Alecto, muniti entrambi di una macchina di 200 HP, il primo ad elica, il secondo a ruote. Risultava vincitore il “Rattler” che riusciva a tirare a rimorchio l’avversario inutilmente impegnato ad opporsi a tutta forza.
Giuseppe Ressel nasce in Boemia nel 1793, frequenta scuole tecniche a Linz, a Budweis, a Vienna, da ultimo nell’Accademia forestale di Mariabrunn grazie alla quale ottiene nel 1817 il posto di ispettore forestale della Carniola dipendente dalla marina militare per la quale i boschi rappresentano una risorsa insostituibile per la costruzione delle navi del tempo. Viene trasferito a Trieste nel 1821 e passa alcuni anni a Montona presso il grande secolare bosco erariale che aveva fornito il legname all’Arsenale della Repubblica Veneta. Non è che a Montona, lontano dal mare, abbia perduto ogni interesse per un sistema di navigazione indipendente dalle spinte del vento, trova praticabile una vasca detta “dei pesci rossi” e la utilizza per le sue ricerche con l’aiuto di modellini. Molto versato in materie tecniche, si dedica a studi che lo portano a realizzare diversi congegni e applicazioni pratiche nei campi più disparati acquisendo diversi brevetti e riconoscimenti, ma è in campo navale che viene ricordato e particolarmente in tema di eliche a partire dal 1825 quando manifesta le sue prime idee innovative. manoscritto di Ressel
Con l’appoggio di due commercianti, Julian e Tossitti, ingaggia il macchinista Francesco Hermann che costruisce un’elica di 570 mm. che viene applicata su di una barca di 5 tonnellate, azionata a forza di braccia da due uomini. Buono il risultato, tanto che Hermann costruisce nel 1828 una seconda elica e Ressel pensa di sfruttare il congegno su di un piroscafo da impiegare sulla linea di Venezia, coperta già da un privilegio col piroscafo a ruote gestito dall’inglese William Morgan. Il progetto attira l’interesse anche dell’imprenditore Carlo di Ottavio Fontana, che si associa.
Su di un scalo del cantiere Panfili affittato da Vincenzo Zanon viene posto in costruzione un piroscafo da destinare alla linea. È il “Civetta” di 48 tonnellate, due alberi con vele di goletta, lungo 15, 8 metri, largo 3,80 metri e 2,10 metri di altezza.
Nel frattempo Ressel si reca a Parigi dove nel marzo del 1829 effettua una prova sul fiume Senna con un buon risultato ma senza coinvolgere operatori economici pur manifestatisi interessati.
Ritorna a Trieste dove Hermann ha costruito la terza elica del diametro di 1,57 m., altrettanto di passo, sistemata a poppa della “Civetta” in corrispondenza della stella morta, con due filetti a 5/6 di giro, con una macchina a vapore di 6 cavalli costruita in Stiria con caldaia Fichtner a tubi di ghisa.
Non resta che la prova ufficiale davanti ad un commissione governativa, invitati e persone interessate che ha luogo nel luglio del 1829. L’inizio è buono e promette il successo quando, dopo un breve percorso, raggiunta la velocità di 6 nodi, scoppia un tubo della caldaia ed è giocoforza fermare la macchina con la conseguenza di mandare a monte l’esperimento seguito dal divieto della polizia di ripeterlo. Ma non basta, la domanda della linea di Venezia viene respinta e Carlo di Ottavio Fontana si ritira.
Tutto questo pur essendo stata provata la validità dell’elica, che rispondeva ad ogni aspettativa.
Fortunatamente non sono andati dispersi i manoscritti e i disegni che hanno accompagnato la domanda di brevetto, conservati nel Museo Tecnico dell’Industria di Vienna e illustranti nel dettaglio quanto Ressel intendeva: l’elica andava sistemata a poppa completamente sommersa, l’albero motore tenuto in posizione orizzontale con possibilità di utilizzare due eliche, la grandezza dell’elica andava commisurata alla forza della macchina e alla grandezza della nave, il tutto in un’epoca nella quale le cognizioni erano molto limitate, completamente sconosciuti certi fenomeni fisici quali quello della cavitazione che diminuiva il rendimento dell’elica procurando in seguito  non pochi grattacapi fino a non molti anni fa.
500 scelliniRessel moriva in attività di servizio nel 1857 senza aver ottenuto per la sua elica un brevetto, una patente, un riconoscimento. Altri, quali Smith (1827) ed Ericsson (1837) più fortunati o meglio sostenuti, con propulsori che partendo da semplici barche in via di esperimento arrivano ad essere imbarcati su navi di buon tonnellaggio, l’ “Archimedes”, il “R.F. Stockton” e il più grande, il “Great Britain” di Brunel che, gia predisposto a ricevere una macchina a ruote, viene modificato ancora sullo scalo e munito di un’elica a 6 pale. La Francia ha da ricordare i suoi Dallery e Sauvage, a Trieste si forma un comitato che intende erigere un monumento a Ressel ma senza giungere a risultati concreti mentre una statua dell’inventore viene eretta a Vienna dinnanzi al Politecnico (1863). Più tardi è lo stato, la Oesterrachische National Bank , a ricordarsi di lui emettendo una banconota di 500 scellini recante il suo ritratto e il disegno della “Civetta”.Una gara intesa a stabilire priorità e benemerenze col sostegno di numerose pubblicazioni e documenti, gara nella quale Ressel non è stato assente avendo inviato una nutrita documentazione a Londra dove l’ammiragliato inglese istituiva un sostanzioso premio a chi provava il maggior diritto nell’invenzione del piroscafo ad elica. Le carte mandate a Londra finivano misteriosamente perdute, ogni ricerca è stata vana ipotizzando il fatto che per errore sarebbero state indirizzate a qualche ente o ufficio non competente.

L’elica, presentata in molte forme ( forse troppe ), sta conquistando il campo e col 1873, quando William Froude apre in Inghilterra la prima vasca navale, grazie agli studi e alle prove rese possibili, viene riconosciuta come il solo propulsore capace di ottenere alte velocità. Con realizzazioni via via sempre più sofisticate grazie al progredire della siderurgia consentendo prestazioni sempre più complesse col passo variabile realizzato negli anni 30 del 1900 quando viene richieste alle navi , militari o mercantili, specialmente ai transatlantici, velocità sempre più elevate e di esercizio più conveniente.
Attualmente leader mondiale nella tecnologica applicata ai motori marini è la società svedese Kamewa (ora aquisita dalla Rolls-Royce), che ha acquistato il gruppo finlandese Aquamaster – Rauma e filiali con 25 sedi presenti nei maggiori cantieri e centri nautici del mondo. Diverse le sezioni tra le quali interessa citare qui la Kamewa Eliche.
Quali le evoluzioni che si contano nel campo della propulsione navale ? Oltre alla macchina a triplice e quadruplice espansione e ai vari tipi di caldaie generatrici di vapore, la turbina a vapore e da ultimo anche a gas, il motore e la macchina a combustione interna (diesel), la macchina elettrica, l’idrogetto che consente le velocità commerciali più elevate (40 – 41 nodi), tutto un mondo tecnologico di estrema importanza ma per lo più ignorato anche da chi è diretto beneficiario.

Dundanal Mangin Ericsson Great Britain 1843
Dundanal Mangin Ericsson P/s "Great Britain", 1843

Dire di eliche è metter mano ad un argomento con molti risvolti che non fanno parte del bagaglio culturale comune. La stessa nomenclatura non è semplice tra passo, astuccio e asse, ogiva, faccia attiva della pala con suo spigolo di entrata, dorso e spigolo di uscita, rotazione destrorsa e sinistrorsa, a pala fissa e pala a passo variabile, spinta e regressione, elementi tutti che rendono le eliche una diversa dell’altra con rendimenti diversi. 
La concezione primitiva che l’elica avanza per avvitamento non convince e non manca chi intende rendersi conto dei fenomeni fisici e chimici provocati dalla rotazione. Bisogna però giungere al 1865 con la nascita della prima teoria impulsiva suddivisa nei momenti della pressione, regressione e spinta provocati dal movimento delle pale. Nel 1878 si giunge a considerare la pala come un’ala sulla quale si manifesta una circuitazione che fornisce la spinta. Si moltiplicano gli studi che si avvalgono della sperimentazione grazie alla comparsa della vasca navale e del tunnel idrodinamico di cavitazione a circuito chiuso per evitare l’influenza della pressione atmosferica.
Le prime eliche, progettate in modelli di legno, erano di bronzo quale materiale più resistente all’azione corrosiva dell’acqua marina, passando poi a leghe col manganese e nichel-alluminio al fine di aumentare la resistenza alla corrosione.
Patente Mayer 1908 anni trenta Italcantieri
Mayer, 1908 3 pale anni trenta Italcantieri, anni settanta
Fincantieri 1982 Kanewa Grand Princess
Fincantieri, 1982 Kanewa "Grand Princess", 1998

Nel 1894 viene osservato su di un cacciatorpediniere inglese, il “Daring”, un misterioso fatto: pur aumentando il numero dei giri delle eliche la velocità rimaneva la stessa. Si era scoperta la cavitazione. Si tratta, detto in parole povere,  di un fenomeno tra l’altro molto rumoroso che porta a certe corrosioni provocate dal fluido marino da pressioni e depressioni che generano temperature molto alte tanto da intaccare il metallo influendo negativamente sul rendimento. La progettazione dell’elica, operazione assai complessa, deve tenerne conto del il numero e della forma delle pale, del numero di giri da tenere il più basso possibile a parità di rendimento, in modo da convogliare la cavitazione nelle zone marginali delle pale stesse.

Ma l’elica fa parte della nave, corpo complesso che comporta vincoli imposti dal tipo richiesto e dalla relativa progettazione sicché si impongono soluzioni di compromesso per cui non esiste un’elica perfetta neanche nella nave per la quale è stata progettata.
A.C.

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