Piccoli velieri
Note di etnografia e di evoluzione nautica
Il mezzo di trasporto nautico risale alle origini della civiltà, è il manufatto tecnologico iniziale grazie al quale l'uomo ha intrapreso i primi passi sulla lunga via dello sviluppo economico-sociale e del potenziale politico che ne è immediata conseguenza. Manufatto la cui origine si perde nella notte dei tempi prendendo forma e perfezionamento nel corso dei millenni con caratteristiche derivanti dalle possibilità offerte dall'ambiente ecologico, dapprima molto lentamente, indi secondo processi sempre più accelerati fino alle straordinarie realizzazioni di quest’ultimo secolo o poco più. Il concetto di barca, di nave, è presente nel bagaglio culturale di tutti, magari in forma vaga, anche di chi non ne ha mai vista alcuna. Studi approfonditi ed una sterminata letteratura riguardano le navi maggiori e di più grande prestigio, nel quale intendono specchiarsi orgogliosamente le nazioni più evolute e ambiziose. Tengono la palma i grandi e lussuosissimi transatlantici, le grandi e potenti navi da guerra per scendere via via a realizzazioni meno impressionanti ma più utili sul piano del quotidiano. Mezzi che hanno sollevato il precipuo interesse degli scrittori e degli artisti in un'infinità di pubblicazioni e di quadri, disegni, incisioni e stampe che non lasciano alcuno spazio scoperto. Anche l’archeologia egizia, greca e romana, che riguarda il bacino storico del Mediterraneo, ha una sua importante parte. Ma poco si sa di quella miriade di realizzazioni etniche sparse su tutti i mari e gli specchi d'acqua del mondo, frutto distintivo ma ingegnoso impegno di gruppi o di popoli considerati portatori di civiltà secondarie, di non molta importanza oppure non ancora giunti ad un grado di evoluzione tale da corrispondere ai modelli avanzati. Realizzazioni che sono quanto mai interessanti perché al di fuori della standardizzazione dei tipi, della ripetitività, del prodotto di ingegneria specializzata, ma risultato di osservazioni e di esperienze pratiche fatte in prima persona e tramandate di padre in figlio, spesso prezioso patrimonio di famiglia e di gruppo tribale, frutto ai un'evoluzione molto lenta con l’impiego di materiali non di rado molto poveri, reperiti nel limitato giro d’orizzonte del territorio stanziale, ma adattati alla loro funzione con grande ingegno e insospettabile abilità. Son derivati manufatti che sono passati attraverso i secoli fino all’ultima spiaggia, ai giorni nostri che hanno il “privilegio” di fornire prodotti che hanno provocato, in breve tempo, il generale livellamento del mezzo nautico facendo scomparire i tipi etnografici peculiari. Il regime climatico e l'ampiezza delle escursioni termiche, la configurazione delle coste e la relativa batimetria, le caratteristiche idrografiche delle zone, il regime dei venti, le risorse naturali e l' ambiente ecologico con particolare riferimento alla vegetazione, l'organizzazione sociale e la psicologia di ciascun gruppo etnico, il grado di intelligenza e la potenzialità economica sono gli elementi, ma non esclusivi, che hanno influito sulla costruzione e sull'utilizzazione del mezzo nautico. Elementi che hanno determinato o influenzato sia la tipologia sia le tecniche costruttive, talvolta tutt'altro che semplici tanto che, com’è accaduto recentemente, dovendosi ricostruire una di queste imbarcazioni per fini turistici e di ricupero culturale, la gente del posto non è stata più capace di venirne a capo (Polinesia). Essenze lignee più diverse, stuoie e fibre vegetali preparate o adattate in varie maniere, tipi di connessione anche a cucitura e d’incastro delle varie parti e relativo calafataggio, nodi (esisteva in Oceania un dio dei nodi al quale era affidata la vita dei naviganti), caviglie e simili, presenza o meno di parti metalliche, scafi singoli o doppi (o tripli) a fondo piatto o variamente sagomato richiedente talora l'ausilio di bilancieri, vele dalle forme geometriche più diverse e deformate dall'uso, alberi singoli o bipodi o tripodi sono gli elementi – insieme, talvolta, al tocco irrazionale di figurazioni apotropaiche – che hanno dato forma e aspetto ad un'infinita gamma di imbarcazioni grandi e piccole. Imbarcazioni tipiche di zone ristrette oppure presenti in vaste plaghe, adottate cioè salvo qualche variante da più popoli. S’intende presentare qui una piccola serie di esempi scelti al di fuori dell’area europea e nord-americana, che pur ha dato un notevole contributo in materia. Scelti tra i natanti di una certa mole, veri piccoli velieri, quali si vedevano fino ad un tempo non tanto lontano (poco più di mezzo secolo) sui mari e sulle acque interne del Giappone, della Cina, della penisola indocinese, del sub-continente indiano, dell’arcipelago indonesiano, dell’Oceano Indiano e del Mar Rosso, del Nilo, dell’America Meridionale, oltre che alcuni esempi tratti da quello sterminato vivaio che è stato l’Oceano Pacifico tra Polinesia, Micronesia e Melanesia. Immagini di qualche giunca, sampan, funè, chittagong, no, trà-cô, k’uai-pan, pattamar, kotia, zaruk, palla, mtepe, ghassa, carabe, sengoku, ghashi, batil, vinta, tongiaki, wa lap, tipairna, taiki, pallar, pahi, orou, lakatoi, balsa e jangada. Pochi esempi, rispetto alle migliaia di tipi, ma sufficienti per dare un’idea. Ne è collocazione tipica una fascia ininterrotta che gira attorno al globo tra i due tropici del Cancro e del Capricorno, nelle zone calde della Terra, che da ultime e in epoche recenti sono state raggiunte dai mutamenti tipologici e tecnologici livellatori. Trieste, aprile 1992
A.C. |