VELE DIPINTE
DELL’ ADRIATICO
La
colorazione della vela delle barche da pesca adriatiche ad
uno o due alberi
(bragozzo, bragozzetto, topo, bragagna, battello, tartana,
battana romagnola,
lancetta, barchet, paranza ed anche non raramente il burchio
e la barca tipica
del Lago di Garda) rappresenta un elemento di grande
interesse sia funzionale
che folcloristico.
Funzionale perché
riveste una sua particolare
ragione di identificazione ottica, e nello stesso tempo
folcloristica per la
grandissima quantità di disegni e di segni grafici e
numerici che accompagnano
la colorazione di fondo, diversi a seconda dei proprietari
della barca, sia di
famiglia che individuali, con tratti caratteristici diversi
da zona a zona
lungo l’arco costiero. Va precisato che quanto detto vale
soltanto per la parte
costiera di sinistra, dalla Puglia fino all’Istria, mentre
la parte di destra,
lungo le coste della Dalmazia, le vele locali non si
presentano colorate.
È curioso constatare
che quanto sopra detto è
tipico e rilevabile soltanto nell’Adriatico, che vele
dipinte non sono esistite
in nessun altro mare né in acque interne tranne, come detto,
sul Lago di Garda
per influsso della non lontana costa marina, dove potevano
essere utilizzate le
vele dimesse dai pescatori di mare. Un fatto di colorazione
velica si può
vedere soltanto nelle isole Sulu dell’arcipelago delle
Filippine comunque non
paragonabile perché consistente in striscioni di tela
accostati con liberi
stacchi cromatici.
Centro genetico
principale è stata la città di
Chioggia divenuta nella seconda metà del 1800 il centro
peschereccio più
importante d’Italia con un grande numero di barche che hanno
sciamato in ogni
zona ritenuta ricca di pesce tanto da influenzare le
attività pescherecce
contermini suscitando a volte accesi contrasti con la
conseguenza di incontri
diplomatici tra le nazioni rivierasche con complesse
regolamentazioni d’ordine
operativo.
È singolare il fatto
che un settore tanto ricco non
solo per quanto riguarda le vele ma anche certe pitturazioni
tradizionale
quali, ad esempio, l’“angelo musicante” dipinto sul mascone
dei bragozzi o
l’“occhio apotropaico” o le “cimarole” segnavento, sia
rimasto a lungo negletto
per richiamare l’attenzione nella seconda metà del 1900
(possiamo dire intorno
al 1975) con il seguito di incontri di studio nazionali e
internazionali
(Chioggia, Grado, Cesenatico, Bellaria, Atene), con paziente
lavoro di ricerca
e catalogazione, con pubblicazioni impegnative e, per quanto
riguarda specificatamente
le vele dipinte, con la diffusione di interessanti poster
illustrativi.
«Ogni
pescatore, sia di mare che di laguna, porta nelle vele un
segno appunto per
riconoscersi uno con l’altro, e deti segni vengono dipinti
dallo stesso
personale di bordo. Il segno di riconoscimento è quello
che trovasi nelle vele
di popa; sebbene vi fosse segni anche in quelle di prova.
Le vele di
prova alle volte vengono segnate come quelle di popa, a
volte portano un segno
ordinato dalla moglie del padrone, e senza significato.
Tra le
numerose vele ve ne sono senza un segno, come farebbero
quelle tutte bianche,
giale o rosse, ecco che per loro questo è un segno.
Le tinte da
loro adoperate sono il giallo, il rosso e nero, raro il
celeste, e questi
colori sono i più ordinari, e mescolati con l’acqua salsa,
e dopo dipinto con
una ordinaria spugna, metono la vela al sole, asciuta che
è la getano
nell’acqua, per lavare la polvere di quel colore, messa
poi nuovamente al sole;
qualunque sia il segno, o la parola dopo dipinta, viene
rovesciata la vela, e
copiato dalla parte oposta, cosicché il segno o la parola
vengono rovesci.
Qui di
seguito troverà tutti gli emblemi dipinti sulle vele dei
bragozzi, dei
bragozzetti, e di un’unica tartana, dei pescatori di
Chioggia».
Importante lavoro
documentario in due volumi con il
disegno di 793 vele, che è stato pubblicato a stampa non
molti anni fa grazie
all’interesse incontrato dalla materia, col seguito di
raccolte riguardanti
anche altre località tanto che si può reputare che siano
state censite oltre un
migliaio di vele. Uno dei primi ad interessarsene è stato
Mario Marzari,
ricercatore molto impegnato e autore di varie pubblicazioni
riguardanti la
nautica peschereccia e di piccolo cabotaggio, anche
disegnatore e modellista.
Una simbologia di
mestiere allusiva, seriosa o
ironica e non senza concessione, a volte, al buon umore
com’è il caso della
scimmietta d’una barca di Cesenatico. In fatto di colori
risultano prevalenti
il rosso mattone e il giallo ocra, nonché il nero per le
grafie e i dettagli,
mentre poco compaiono il grigio, il marrone, l’azzurro e il
verde. Il verde
compare a Rovigno (Istria) e il rosso carminio nel Basso
Adriatico, dove in
genere la simbologia è semplificata e i colori più vivaci.
In fatto di geometria
si presenta generalizzata la
vela al terzo, vale a dire con il pennone superiore più o
meno svettato fermato
ad un terzo della sua lunghezza a partire da proravia. Nella
bragagna, invece,
la vela è pressoché rettangolare , e scendendo al meridione
presenta la caduta
prodiera sempre più corta finendo nella forma triangolare,
latina, che è
probabilmente la forma originaria, la più antica.
La simbologia è molto
varia con in testa le
iniziali riguardanti i nomi di famiglia e della barca,
seguita da simboli
astronomici e da quelli religiosi (vedasi il grande
crocefisso di Chioggia con
la scritta “Non bestemmiatelo”). Seguono le raffigurazioni
di carattere
marinaro (non molte), geometrico, vegetale, animale, oggetti
vari d’uso comune.
Pochi i soggetti patriottici e meno ancora i politici. In
fatto di
identificazione ottica, si racconta a Chioggia che,
all’epoca del rientro dalle
campagne di pesca, qualche vecchio usava salire sul
campanile con un
cannocchiale, identificare qualche barca e correre dalla
famiglia ad annunciare
l’imminente arrivo guadagnandosi così un po’ di pesce.
È venuta a formarsi
una specie di araldica,
settoriale e popolaresca se si può dire, non legata a
regolamentazioni o norme
cogenti e pertanto libera di esprimersi in tutta libertà e
fantasia,
condizionata soltanto dai materiali disponibili e dai
relativi costi.
Conseguentemente si possono notare con l’evolversi dei tempi
modifiche e
aggiornamenti che, con l’abbandono delle vele da lavoro e
degli economici
colori a terretta ma con alle spalle una cultura non
ricusata, il campo si è
trasferito nelle stazioni climatiche marine, nei servizi di
spiaggia e
d’albergo con reclamizzazioni policrome che hanno trovato
comodo utilizzare
anche le superfici delle vele.
A.C.
Galleria delle vele