28. Trabaccolo raguseo o meglio Pielego come si desume dalla forma della poppa, ricavato da un quadro ad acquerello del Museo Navale di Ragusa. Notevole, in questo tipo, la presenza della vela civada accanto ai due fiocchi, testimonianza di arcaicità e di persistenza di forme che stentano a scomparire. La distinzione tra il trabaccolo il pielego non è molto agevole trattandosi di tipi affini, che si differenziano sensibilmente solo negli ultimi periodi nella forma della poppa (a goletta) e nell’adozione della vela aulica (randa) sul secondo albero.
29. Trabaccolo romagnolo ricavato da un quadro del Museo Navale di Genova Pegli rappresentante i trabaccoli “Annibale” e “Cesare” impiegati nel servizio di guardia di finanza dalla R. Camera Apostolica, 1827. Il tipo è già chiaramente definito in tutte le sue parti. Le due vele di gabbia, peculiari nell’attrezzatura dei primi trabaccoli settecenteschi, spariscono nella seconda metà del secolo restando i soli alberetti a secco.
30. Pielego da un quadro riproducente il “Giulio R”, all’ultimo grado di evoluzione con lo scafo ormai da goletta. L’influsso ponentino apre ormai le porte all’adozione delle golette classiche, ai brigantini e alle scune. Tuttavia, il pielego continua ad essere presente in grande numero di unità grazie alla sua corrispondenza alle esigenze locali.
32. Brazzera a due alberi, che assieme alla brazzera ad un albero è stata presente in grande numero nell’Istria settentrionale fino al primo decennio del 1900. La brazzera ad un albero ha adottato anche la vela al terzo ed è stata presente nell’Adriatico settentrionale sino intorno al 1938-40. Rapidissima è stata la sua scomparsa.